Coltodino, santi e frantoiani (42°11'56.1"N 12°43'02.4"E). 
"Collis Tadini", lungo la Farense, all'altezza della piazza della macina, inizia la piccola escursione di Coltodino.
Caratterizzato da una topografia religiosa che le fonti chiamano "de pede montis pharae", ancora oggi come un tempo, il paesino è caratterizzato da piccoli nuclei che via via si sono addensati, con il risultato di essere divenuto una sommatoria eterogenea di più abitati fusi lungo una strada molto antica che dall'unità d'Italia, ha assunto il ruolo che ancora oggi conserva.
Questa varietà di borghi, che formano la Coltodino odierna, ricordano una società locale fondata su solidissime radici cristiane a partire dagli anni di prima diffusione del "verbo".
Di tutte queste chiese tuttavia oggi non resta molto, se non una serie di luoghi e di indicazioni su manoscritti conservati nell'archivio dell'abbazia di Farfa, pubblicati nei volumi del Regesto, Largitorio, Chronicon e Floriger, nonché documenti inediti vari, presenti anche a Rieti, nell'Archivio di Stato. Oltre alla più centrale e principale chiesa di San Filippo Neri, possiamo rintracciare nei nomi delle vie e dei luoghi, gli elementi del tessuto antico, a partire dalla parte alta, retaggio della chiesa e del relativo nucleo più importante di Coltodino: Santa Maria de' Santi, citata come "guadus" già nell'undicesimo secolo.
Santa Maria de' Santi passa all'abbazia di Farfa e questa "vallis de' santis" è ricordata in una visita pastorale del 1343, quando Farfa era ancora soggetta al Vescovo di Sabina.
La seconda area sempre per importanza del territorio, visitabile subito fuori Coltodino in direzione nord, ricordata già in antico è il sito di Santo Pietro, oggi toponimo e sito con resti di varie antichità, compare tra l'undicesimo e il dodicesimo secolo ed è interessantissima per essere un casale fortificato con una chiesa interna, con chiostro e beni intorno di natura soprattutto agraria.
Le chiese sono talmente tante che citarle tutte diventa dispersivo e soprattutto sono difficili da rintracciare su un percorso perché spesso si tratta di piccole cappelle per la devozione popolare. 
Arte antica e nuova a Coltodino: il percorso artistico di Coltodino tuttavia non può prescindere dalla visita alle opere d'arte più importanti della frazione: la tela e la chiesa di San Filippo Neri (di recente restauro) e il Monumento all'Olivicoltura di Ferruccio Zilli, su idea del fotografo farense Manlio Perugini.
Più distante dal cammino, percorrendo la provinciale 41, incontriamo la frazione di Talocci ed il Santuario di Santa Maria dell'Arci (42°11'05.2"N 12°40'56.8"E).
Luogo di altre e gloriose origini, l'attuale acropoli della famosissima città sabina di Cures (VIII sec. a. C. ca), ci lascia intravedere oggi soltanto ciò che resta della tradizione cristiana, pur validissima, che si è andata col tempo a sovrapporre alle epoche romana e prima ancora arcaica.
Il santuario di Santa Maria dell'Arci, pertinenza della frazione di Talocci e della parrocchia dei Santi Martiri Sabini (Getulio, Giacinto e Antimo), ci tramanda e ci suggerisce in un modo quasi didattico, la diffusione del cristianesimo a Fara in Sabina.
Si tratta infatti di una non piccola chiesa di campagna raggiungibile dal V km della provinciale 41 (farense) che del nucleo antico conserva le mura e un frammento di intonaco con un volto sacro, unico superstite di un ciclo pittorico probabilmente più grande.
Merita sicuramente la visita per il valore artistico-ambientale e per la tipologia della facciata, anomala rispetto le altre chiese che si possono osservare nel territorio, perché conserva un'impostazione di architettura rurale nel delicato momento di passaggio tra il basso medioevo e il rinascimento.

Testo: Associazione Turistica Pro Loco Fara in Sabina
Foto: Carlo Coccia

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