Tipologia: sito archeologico
Sito Visitabile: esternamente
Indirizzo: confine tra Ponticelli e Poggio Nativo, ad un Km dalla chiesa della Madonna della Quercia, direzione ovest.
Geolocalizzazione: 42°10'33.9"N 12°47'49.0"E
E' all'entrata del paese e da sempre è meta di pellegrinaggi.
Santa Liberata è la protettrice dei bambini con gravi malattie.
Dietro l'edicola si può ancora vedere un arco medievale in pietra, di ottima fattura che probabilmente costituiva l'ingresso al paese.
A circa un Km di distanza dalla chiesetta della Madonna della Quercia, ad ovest, in una zona di confine tra il territorio di Ponticelli e Poggio Nativo ci si imbatte in un tratto di strada che fino a qualche tempo fa mostrava le caratteristiche del lastricato delle strade consolari romane.
Percorrendo la strada tra i campi coltivati si raggiunge una grandiosa costruzione a massi sovrapposti senza cemento, analoghi a quelli della Grotta dei Massacci, posta a cavallo di un piccolo torrente chiamata dai contadini “Ponte del Diavolo”, una sorprendente costruzione di opera quadrata dell’altezza di circa 10 metri rinforzata da sette contrafforti con un cunicolo dopo il secondo contrafforte per lo scolo del piccolo fosso rastremato nell’alto.
L’archeologo Edoardo Martinori(“Via Salaria antica e moderna. Via Claudia nova. Studio storico-topografico”, Roma, 1931) così lo descrive: “ il Ponte del Diavolo è certamente il più importante avanzo di costruzione stradale della Salaria antica.
Il muro è alto circa 13 metri ed è composto di 14 fila di blocchi di travertino alti 90 centimetri l’uno e con lunghezze varie, alcune delle quali raggiungono 1,20 metri.
Sulla facciata a monte sorgono sette contrafforti o speroni di sostegno alquanto rastremati. Il ponticello è situato in alto e ha una larghezza di 1,22 metri e altezza 1,50 metri, è coperto di colossali monoliti a piattabanda di 2,20 metri di lunghezza. Il piano stradale ora devastato doveva essere di non meno 6,70 metri comprese le crepidini.
La lunghezza totale è di circa 20 metri”. Di questo arcaico ponte, il cui nome sembra quasi voglia ammonire che esso non sia opera dell’uomo, ma di un essere leggendario è difficile oggi ritrovare la bellezza ed imponenza antica poiché “ rovi e cumuli di terra occultano la costruzione tanto che se ne scorgono agevolmente solo il cunicolo, che serve allo scolo delle acque e alcuni tratti delle pareti a picco”…almeno così ci raccontava nel 1989 Angelo Angeloni nel volume ”Ponticelli Sabino” dell’Istituto di Studi Sabini.
Testo: Daniela Imperi
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