Tipologia: edificio di interesse storico
Sito Visitabile:esternamente
Indirizzo: Viale Regina Elena s.n.c., 02032 Fara in Sabina (RI)
Sito web: Toffia tra Arte e Storia; Ex CRI di Fara in sabina - I luoghi del cuore FAI
Note: non è visitabile al pubblico, è disabitato da oltre 20 anni e quindi in cattivo stato di conservazione.
Geolocalizzazione: 42° 12' 16.59'' N, 12° 44' 5.14'' E
Riunita da filippo cremonesi in un unico complesso venne utilizzato come istituto climatico per curare le malattie respiratorie (tubercolosi) fino alla sua chiusura nel 1967.
Da segnalare alla sua inaugurazione (1939) la presenza della Regina Elena come risulta dagli archivi di Casa Savoia.
Per tanti anni è stata l’unica fonte di sopravvivenza del vicino borgo di Fara in sabina.
Dopo la chiusura del preventorio è stato utilizzato come colonia estiva per i figli dei dipendenti C.R.I., poi come deposito di materiali e centro operativo emergenze del corpo militare C.R.I.
Alla chiusura definitiva di tale struttura si è tentato il recupero (senza successo) con diversi progetti, tutti falliti prima di essere realizzati.
Le sue origini vedevano questo luogo diviso in due entità autonome, una era un convento francescano, mentre l’altra veniva utilizzata dalla vicina abazia di Farfa come residenza estiva dei monaci.
Come previsto nella Regola di S. Francesco, (Regola bollata VI) esorta in tal modo: “I frati non si appropriano di niente, né domicilio, né luogo né alcuna cosa.
E come pellegrini ed esuli (cfr. I Pietro 2, 11) in questo mondo, in povertà ed umiltà servendo Dio, vadano per elemosina con confidenza, e non è adatto nemmeno che si vergognano, perché in favore di noi il Signore si è fatto povero in questo mondo (cfr. 2 Cor. 8, 9).
Questa è la sublimità di somma povertà che vi ha stabilito, carissimi frati miei, come gli eredi e i re del regno dei cieli, che vi ha fatto poveri di beni, che vi ha sublimato nelle virtù (cfr. Giac. 2,5).
Questa è la vostra porzione che conduce alla terra dei viventi (cfr. Salmo 141, 6). Cui aderendo totalmente, dilettissimi frati, non vogliate avere nient'altro per il nome del nostro Signore Gesù Cristo, mai, sotto il cielo”.
Secondo C. Strinati in: “Riforma della pittura e riforma religiosa” (in L’immagine di San Francesco nella controriforma”, cat. Mostra Roma, 1982, pagg. 48-49), la presenza dei Frati Minori Conventuali nella Provincia di Roma nel 1642 era divisa in sei Custodie.
Tra queste quella reatina comprendeva i conventi di Rieti, Città Ducale, Monteleone, Toffia, Carsoli (Celle), Longone, Borghetto (Borgo Velino), Radicaro, Roccasinibalda, Roviano, Vicovaro, Belmonte, Orvinio (Canemorto), Petrella e Longone.
Questo processo di diffusione del messaggio di San Francesco si avvia a partire dalla seconda metà del 1200 in Sabina.
I centri conventuali sono maggiormente distribuiti a Rieti e nelle altre località appenniniche come Città Ducale, Carsoli, Borgo Velino, Rocca Sinibalda…
Progressivamente l’itineranza conduce i frati francescani più a valle incontrando qui la radicata presenza dell’abbazia benedettina di Farfa.
Non sappiamo quali rapporti vi fossero tra i due Ordini ma indubbiamente il forte radicamento e ruolo dell’abbazia di Farfa hanno forse spinto i francescani ad una presenza sul territorio discreta e rispettosa della loro storia.
Se poi analizziamo le tipologie di intervento possiamo fare dei confronti abbastanza precisi: i centri conventuali benedettini sono delle vere e proprie piccole città (civitatae dei) costituite oltre che dalla chiesa, il chiostro, anche da un insieme di edifici dedicati funzionalmente a varie attività, da aree dedicate ad orti, giardini per piante officinali.
Non ultimo biblioteche e luoghi di riproduzioni di libri miniati.
Tutt’altro spirito informa le fabbriche dei centri conventuali francescani ispirati all’essenzialità costruttiva, all’eliminazione di ogni ornamento, decorazione e limitazione di spazi.
A regolarne la fondazione nel tempo c’era una normativa precisa stabilita dal “fabricarum praefecti”, che operava insieme ad un architetto. Papa Urbano VIII stabilisce nel 1632: “non aedificentur novi conventus sine modulo peritorum subscriptione… nec modulus alteretur subpoena…”.
Il modulo citato non era altro che l’organizzazione funzionale del convento attraverso la pianta della fabbrica nella quale venivano individuati gli spazi interni come il chiostro, il refettorio, i dormitori...
Altre caratteristiche costruttive riguardano la modestia delle costruzioni: edifici poveri, umili, spesso ad un solo piano, ma con finestre grandi.
Non ci sono campanili alti e decorazioni. Le fabbriche sono in muratura, le coperture con capriate in legno, tegole in laterizio.
G. B. Da Monza nelle regole del Serafico Padre S. Francesco Fondatore dell’Ordine dei Minori spiegata in forma di dialogo (Napoli, 1667, p. 550), descrive: “…che le fabbriche saranno fatte con materia di poco prezzo e positive” aggiungendo: “…se dunque devono essere moderate, quanto alla qualità le fabbriche nostre conformi al nostro stato, bisogna che la materia di esse, cioè, pietre, travi, tavole e altre cose che si ricerchino alle fabbriche sijno di vil prezzo, che si habbi più riguardo all’utilità che alla vaghezza, cioè che le mura non sijno lavoratee, né dipinte con vaghe pitture…”.
Il convento di S. Francesco a Fara Sabina è stato edificato dall’Ordine dei frati francescani della “Regolare Osservanza” intorno alla fine del XVI secolo. Secondo una scheda di ricostruzione storica del Comune di Fara Sabina, l’edificazione avvenne nel 1594, sul luogo dove sorgeva una chiesetta dedicata a S. Biagio.
Il complesso venne ristrutturato nei primi del novecento dal Senatore Emilio Maraini e alla sua morte donato alla Croce Rossa Italiana. Gli interventi di ristrutturazione hanno profondamente modificato l’impianto conventuale che risulta ora inglobato in un complesso palazzo in stile novecentesco.
Per poter avere un idea di come fosse in origine abbiamo a disposizione un disegno del XVII-XVIII secolo e una fotografia con veduta della zona.
Per quanto riguarda la veduta si tratta di un disegno a penna realizzato da un frate (Frate Ludovico da Modena) presente negli archivi della chiesa di San Francesco a Ripa in Roma e tratto dal codice: “Fondazione dei conventi della Provincia Romana di Ludovico da Modena XVII-XVIII secolo” cc. 332-333. Nel disegno di veduta si può osservare in primo piano il complesso conventuale e sulla parte sinistra il borgo di Fara Sabina.
Il Convento appare compreso in un lotto di forma rettangolare con muri di recinzione che si sviluppano su tre lati. Il quarto lato, quello in primo piano del disegno, è costituito dalla facciata della chiesa e da un corpo laterale sulla destra che probabilmente costituiva l’edificio dove erano ubicati gli alloggi e gli altri servizi del convento.
Dalla prospettiva si evince la presenza di un secondo corpo di fabbrica parallelo a questo che racchiudeva il chiostro del convento.
La chiesa si presenta in forma semplice come un corpo rettangolare allungato, con un tetto a due falde.
La facciata aveva un grande portone raggiungibile da una scalinata con tre gradini.
Un timpano rettangolare sormonta l’ingresso mentre sopra di esso è disegnata una finestra in asse con il portone.
Gli spigoli della chiesa sono riquadrati da bugne di forma rettangolare che salgono lungo tutta l’altezza e alternate nell’ampiezza. Verso la fine della chiesa si vede un campanile semplice e basso con la campana inserita nel muro che fuoriesce dalla parete laterale destra.
Osservando la facciata si può notare che, sempre alla destra della chiesa, vi è un altro ingresso preceduto da tre scalini di forma semicircolare che probabilmente consentiva l’accesso agli altri locali conventuali.
Questo corpo è a due piani e al secondo appaiono quattro finestre raggruppate a due.
Sul lato sinistro della chiesa è disegnato un altro portone in prossimità dello spigolo murario e che forse aveva la funzione d’accesso nel cortile interno.
Fuori della cinta muraria destra (orientata a sud) sono visibili un filare di alberi che sembrano cipressi.
Ancora più a destra c’è un percorso con filari di cipressi che corrono parallelamente al lato lungo e poi all’incirca a metà piega verso il convento.
Tra il disegno del convento e quello del borgo di Fara Sabina c’è appena disegnato un piccolo colle con sopra degli edifici. Potrebbero essere quelli dell’altro convento francescano di S. Alessandro ma potrebbero anche essere quelli di Castelnuovo di Farfa.
La fotografia con veduta del convento dovrebbe essere precedente al novecento. Ingrandendola si nota l’impianto della fabbrica con la facciata principale simile al disegno del Ludovico da Modena.
I due centri conventuali erano probabilmente collegati da un percorso ripido che permetteva ai frati di raggiungere entrambe le sedi accorciando i tempi rispetto alla strada farense.
Trovandosi tutte e due fuori dell’abitato di Fara Sabina e Toffia è da ipotizzare che svolgessero una missione che li teneva lontani dalla vita quotidiana dei borghi concentrando le loro attività su funzioni prevalentemente di preghiera, di lavoro e di carità verso chi viveva fuori.
Nel tempo i due conventi sono stati ampliati, ingranditi senza mai eguagliare la grandezza dell’abbazia benedettina di Farfa.
Attualmente versano in condizioni di abbandono e degrado.
La loro lontananza dai centri abitati ne limitano il recupero e l’utilizzo.
C’è solo da sperare che l’itineranza francescana e la Via di Francesco, possano restituirgli quel ruolo di centri rappresentativi del messaggio di S. Francesco.
Testo: Associazione Comitato Monti Elci e Maurizio Pettinari
Foto: Maurizio Pattinari