Il Ponte Salario
Tipologia: struttura di epoca romana
Sito Visitabile: esternamente
Indirizzo: Via Salaria s.n.c. , 00138 Roma
Geolocalizzazione: 41° 56' 22.28'' N, 12° 30' 30.00'' E
Le fonti lo citano come Pons Anienis.
Rispetto alla diffusa opinione che faceva risalire la realizzazione del Ponte Salario al VI secolo, si deve datare il manufatto all’ultima età repubblicana o all’età augustea.
L’epigrafe di Narsete che ornava la spalletta del ponte è, infatti, da attribuire solo alla ricostruzione in travertino in seguito alla guerra gotica, che portò alla distruzione dello stesso nel 547 d.C..
Si può anche supporre, viste le antiche origini della Salaria, che l’opera esistesse già in epoche precedenti, forse con strutture lignee.
Il ponte è ricordato in occasione del passaggio delle donne sabine che patirono il celebre “ratto”.
Fu anche teatro dello scontro tra Romani e Galli, nel corso del quale si svolse il famoso duello tra un gallo e Tito Manlio, detto Torquato perché indossò il torques (collana tipica dei Galli) insanguinato del nemico ucciso.
In occasione della battaglia avvenuta nel 728 d.C. nei pressi del ponte tra l’esercito dell’esarca* Paolo e i Longobardi, fu realizzata sulla struttura una torre difensiva, restaurata in seguito dal papa Niccolò V (1447-1455).
Nel 1046 il ponte fu danneggiato dagli Ungheresi.
Nel 1798 il ponte fu distrutto dalle truppe napoleoniche, nel 1848 dal generale francese Oudinot e dopo la sua ricostruzione nuovamente devastato nel 1867 dall’esercito pontificio, permettendo al papa Pio IX di ostacolare l’avanzata delle truppe garibaldine.
Queste ultime distruzioni cancellarono irrimediabilmente le strutture preesistenti di epoca medievale.
Nel 1870 fu ricostruito e infine nel 1930 fu ampliato definitivamente per il maggior traffico che era costretto a sostenere.
La struttura Il ponte era in tufo di fidene e travertino, costruito da una campata centrale con una luce di 27 metri e due archi minori su ogni rampa.
Oggi, ricostruito per buona parte, conserva ancora visibili un arco di sottorampa per lato dell’età repubblicana. Non è da escludere che il secondo arco su ciascun lato sia conservato sotto l’interro. *Esarca: comandante militare nell’impero bizantino che, dalla fine del VI sec., fu assegnato ai rappresentanti imperiali con poteri civili e militari sugli esarcati.
Fonte web: www.romamontesacro.it
Testo: Associazione culturale ambientalista “Organizzazione Alfa”
Foto d’epoca e stampe tratte dal volume “Ficulea-Latium Vetus V” di Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli.
Ritrovamenti dei fossili neandertaliani di Saccopastore
Tipologia: luogo della memoria
Note: Il sito del rinvenimento dei due fossili corrisponde a Via Valdinievole; ad oggi a ricordo della cava, rimane soltanto il nome di una strada del quartiere.
Geolocalizzazione: 41°56'04.4"N 12°31'44.6"E
Nel maggio 1929, a Saccopastore, località sulle rive dell’Aniene dove era allora presente una cava di ghiaia, viene rinvenuto durante gli scavi un cranio neandertaliano fossilizzato.
In seguito a quest’importante scoperta la zona diviene meta di studio.
Nel 1935 due paleontologi, il romano Alberto Carlo Blanc e il francese Henri Breuil, in circostanze casuali hanno la fortuna di imbattersi in un secondo cranio neandertaliano.
Questi due reperti, che sono stati classificati come pre-neandertaliani e datati a circa 120 mila anni fa, rappresentano tuttora una delle più importanti testimonianze dell’evoluzione dell’uomo di Neanderthal in Europa.
Oltre ai resti umani e ai diversi strumenti in pietra scheggiata, a Saccopastore sono stati rinvenuti anche numerosi resti fossili di vegetali (foglie degli aceri) e di animali (Ippopotami, Rinoceronti, Elefanti e Daini) che hanno permesso agli studiosi di decifrare l’ambiente nel quale l’uomo di Saccopastore viveva.
Un ambiente caratterizzato da boschi di Querce miste a Carpini, Faggi, Tigli e Aceri, vegetazione ancora oggi presente in Italia nelle regioni centrali.
In seguito all’espansione edilizia la zona di Saccopastore, teoricamente destinata ad area verde, viene completamente edificata cancellando per sempre il sito.
Il sito del rinvenimento dei due fossili corrisponde a Via Valdinievole; ad oggi a ricordo della cava, rimane soltanto il nome di una strada del quartiere.
I due fossili umani sono conservati presso il Museo di Antropologia della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell’Università “La Sapienza” di Roma.
Possono invece essere visti i calchi dei due crani presso l’importante Museo Nazionale Luigi Pigorini all’EUR.
Fonte web: www.romamontesacro.it
Testo: Associazione culturale ambientalista “Organizzazione Alfa”
Foto tratte dalla pubblicazione “Le Origini - Una Storia Millenaria tra Cultura e Ambiente”
Riserva Naturale della Valle dell’Aniene
Tipologia: sito naturalistico
Sito Visitabile: internamente
Geolocalizzazione: 41°56'01.8"N 12°31'56.1"E
Ubicazione e perimetro
La parte urbana del Parco costituisce la riserva naturale “Valle dell’Aniene”, che si estende per 650 ettari lungo il corso del fiume, dal GRA alla sua confluenza con il Tevere.
L’intera area del parco, però, si estende anche nel territorio dei comuni limitrofi, oggi non ancora inserito nella riserva, seguendo in maniera “lineare” il fiume, con i maggiori ampliamenti rispetto alle rive in corrispondenza del parco di Tor Sapienza, dell’area di protezione delle falde idriche dell’acquedotto dell’Acqua Vergine e dell’intera area dell’antico Lago di Castiglione fino a San Vittorino.
Nel tratto urbano la riserva è divisa in tre parchi: il parco della Cervelletta (nel IV Municipio), il parco dell’Acqua Sacra ed il Pratone delle Valli.
Geomorfologia Sono ovviamente le numerose anse del Fiume Aniene a caratterizzare il tratto urbano dell’area, disegnando un paesaggio in cui si alternano zone umide e pianeggianti di notevole interesse ambientale, a piccoli rilievi tufacei, conseguenze dell’attività vulcanica dei Colli Albani.
All’interno della riserva l’interesse maggiore è sicuramente da riservare agli aspetti naturalistici del Pratone delle Valli e del comprensorio della Cervelletta.
Nel tratto extra - urbano l’aspetto morfologico predominante è quello della Campagna Romana, caratterizzato da elementi di grande interesse quali le sorgenti dell’Acqua Vergine, le latomie di Salone, il cratere dell’antico Lago di Castiglione e l’area di Pantano Borghese. Flora La morfologia prevalentemente pianeggiante del territorio ha favorito la formazione di querceti (Farnie, Cerri, Roverelle e Farnetti), mentre nelle zone palustri e fluviali è da segnalare la presenza di Pioppi, Olmi, Cannuccia e Tifa, utilissime per la depurazione delle acque, con l’aggiunta di elementi tipici del bosco a caducifoglie, quali il Frassino e l’Acero.
In maggio è da non perdere la fioritura dell’Iris giallo, rintracciabile soprattutto nella zona della Cervelletta. Fauna E’ importante segnalare la presenza di due specie quali il Gambero di fiume ed il Granchio di fiume, che si possono considerare validi indicatori ecologici della pulizia delle acque.
E’ inoltre particolarmente varia ed interessante nella riserva naturale la presenza di animali come l’Istrice, l’Airone cenerino, il Pendolino, il Martin pescatore, il Cormorano ed il Gruccione. Preesistenze storiche La storia del fiume e delle aree circostanti, dai romani in poi, ci ha lasciato testimonianze di straordinario interesse storico, quali i due ponti Nomentano e Mammolo, i resti delle due ville romane di via Tilli e di Ripa Mammea e, nel tratto extra-urbano, resti monumentali di necropoli, ville etrusche, acquedotti e numerosi casali antichi e moderni, nonché l’area archeologica di Gabii ed i castelli di Lunghezza e di Corcolle.
Parenzio era il nome originario dell’affluente del Tevere, che cambiò nome quando il leggendario re Anio vi annegò per inseguire la figlia Chloris rapitagli da Mercurio.
Il fiume Aniene, con i suoi 108 km, scende dai monti Simbruini (sub imbribus significa sotto le piogge) per sfociare nel Tevere in prossimità del Monte Antenne, presso l'antichissimo oppidum di Antemnae, territorio su cui convergevano tre popoli: gli Etruschi, i Latini e i Sabini.
Le acque delle sorgenti dell'alta Valle dell'Aniene servivano i quattro più importanti acquedotti di Roma (l'Anio Vetus, l'Aqua Maria, l'Aqua Claudia e l'Anio Novus).
Inoltre, dalle cave tiburtine lungo l'Aniene arrivava a Roma, tramite battelli, il travertino. Per evitare l'interruzione della viabilità terrestre furono edificati i ponti Mammolo, Nomentano e Salario.
Fonte web: www.romamontesacro.it
Testo: Associazione culturale ambientalista “Organizzazione Alfa”
Foto: Alberta Manni
Il Ponte Nomentano
Tipologia: struttura di epoca romana
Sito Visitabile: internamente su prenotazione
Indirizzo: Via Nomentana s.n.c., 00141 Roma
Prenotazione visite: presso l’Associazione culturale Il Carro dei Comici
Per info: tel. 3387965614
Note: l’ultima domenica del mese, l’Associazione culturale Il Carro dei Comici, effettua le visite guidate al Mausoleo di Agrippa al Mons Sacer e a ponte Nomentano. Inoltre, l’ultima domenica del mese di ottobre, l’associazione organizza la rievocazione storica in costume dell'incontro avvenuto nell'800 tra papa Leone III e Carlo Magno.
Geolocalizzazione: 41°56'00.7"N 12°31'57.6"E
Il Ponte Nomentano risale con tutta probabilità al I - II sec. a.C. e doveva già in quest’epoca rivestire un importante ruolo in relazione alla transumanza.
Come i ponti Mammolo e Salario il Ponte Nomentano era in blocchi di tufo e formato da tre archi di travertino, uno grande in mezzo e due piccoli ai lati.
Secondo Procopio furono distrutti da Totila nella guerra gotica nel 547 d.C. e ricostruiti nel 565 d.C. da Narsete.
In questa fase il ponte assume la sua forma più conosciuta a due archi, del quale rimane l’arcata sul versante rivolto a Monte Sacro.
Nella chiave di volta dell’arco verso monte sono raffigurati una testa bovina ed una clava risalenti alla tarda età repubblicana, richiamanti il culto di Ercole, divinità collegata agli attraversamenti fluviali, cui il monumento era dedicato.
Oggi il ponte ci appare nel suo aspetto di piccolo castello fortificato medievale: la torre e il nucleo del fabbricato risalgono con tutta probabilità ai lavori di papa Adriano I (772-796), mentre la fortificazione attraverso la doppia merlatura è da attribuire ai lavori del 1461 voluti da papa Pio II.
Lo stemma presente sulla torre e raffigurante due chiavi incrociate e la targa di marmo “N. PAPA V” sta a ricordare il restauro effettuato per volere del papa umanista Nicolò V (1447-1455).
Il ponte fu teatro, nell’anno Ottocento, dell’incontro tra papa Leone III e Carlo Magno, che giunse a Roma per farsi incoronare dal pontefice “grande e pacifico imperatore dei Romani”.
Altri restauri furono fatti per volere di papa Sisto IV (1471-1484), che fissò inoltre un dazio per chi aveva intenzione di attraversare il ponte.
Tra la fine del 1400 e l’inizio del ‘500 il ponte si trovò ad essere teatro della lotta condotta contro il potere papale dalla famiglia Orsini.
Come tutti i ponti e le porte fu unito alla Dogana di Roma nel 1532.
Nel 1849, per fronteggiare le truppe Garibaldine, esso subì danni per opera dei Francesi, i quali ne ripristinarono la transitabilità subito dopo.
Il Ponte Nomentano fu inserito tra due aree destinate a verde pubblico, passando indenne attraverso il processo di urbanizzazione iniziato nella zona dagli anni ‘20 del secolo scorso
Fonte web: www.romamontesacro.it
Testo: Associazione culturale ambientalista “Organizzazione Alfa”
Foto: Alberta Manni; in copertina disegno di F. Benoist e litografia di E. Cicéri; foto d’epoca tratta dal volume Fidenae-Latium Vetus V – TAV.CXLVI, di Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli